Parte seconda….
Foto presa da internet – autore non reperito
Se i nostri animali restassero da soli….
Prendiamo ancora spunto dalla rivista FOCUS di agosto 2024 e prendiamo l’esempio del 26 aprile 1986, non so se questa data possa ricordare qualcosa a mente fredda, ma quel giorno si verificò una catastrofe immensa che segnò quel lembo di terra nel profondo, e ancora oggi ne porta i segni. Io dovevo ancora compiere i miei 16 anni, ero spensierata mentre a Chernobyl si consumava una tragedia umana a tutti i livelli. Un’evento che marchiò a fuoco quel luogo. La popolazione rimasta dovette andarsene, molti abbandonarono non solo le proprie case e cose ma anche gli animali, molti dei quali vennero abbattuti, anche se qualche soggetto scampò a quella fine e resistette a quell’evento catastrofico.
Timothy Mosseau della University of South Carolina portò avanti uno studio nel 2023 su 302 cani della zona, durante il suo soggiorno notò quasi fin da subito che gli animali avevano subito modificazioni genetiche rispetto alle aree esterne alla zona colpita dalle radiazioni, un’ altra anomalia che evidenziò, fù nei due branchi esistenti nella zona adiacente alla Centrale di Chernobyl, è che quei due branchi si separarono geneticamente, non è chiaro come sia potuta accadere questa anomalia, se a causa dell’isolamento o al fatto che alcune caratteristiche genetiche presenti in quei soggetti agevolando la sopravvivenza alla radiazioni.
Nonostante queste domande che non hanno trovato ancora una risposta, i cani vivono da circa 38 anni in quell’angolo abbandonato nella regione dell’Ucraina.
Viene spontanea la domanda: ma accadrebbe lo stesso a tutti gli animali domestici del Pianeta Terra, se capitasse un’altra catastrofe simile e l’uomo sparisse? Cosa succederebbe ai nostri cani, gatti e animali di affezione?
La domanda è stata posta a Marc Bekoff e a Jessica Pierce due etologi ricercatori, i quali sostengono che i cani sono una specie molto diversificata, ovvero non esiste il “cane”, esistono un miliardo di individui diversi, e di questo numero una percentuale che oscilla tra il 75% e l’80% vive già allo stato brado, senza dipendere dall’uomo, anche se orbitano attorno ai centri abitati, sfruttando i resti di cibo che l’uomo elimina mediante i rifiuti. Bekoff continua, dicendo che senza questo parziale aiuto, tornerebbero completamente selvatici, cacciando e nutrendosi di piccole prede oppure carcasse, e la selezione naturale fornirebbe soggetti abili nella caccia, nell’adattabilità ambientale, e resistenza fisica.
“I cani domestici sono una piccola percentuale della popolazione canina” continua Bekoff, e continua sostenendo, che la maggior parte di loro, senza il loro riferimento umano, soccomberebbe perché incapaci di provvedere a se stessi, basta pensare ad alcune razze come i brachicefali ( quelli con il muso schiacciato, per capirci: carlini, boxer, bulldog, etc, etc), non solo avrebbero problemi a respirare in certe condizioni dell’anno ( periodi caldi / periodi freddi – la canna nasale lunga permette di umidificare l’aria calda e di riscaldare l’aria fredda ), ma avrebbero difficoltà a riprodursi, vedi i Bulldog inglesi e francesi, dove per la maggior parte delle volte, sia la fecondazione avviene in vitro, sia il parto avviene col taglio cesareo, grazie all’intervento umano ( i piccoli hanno una testa troppo grande per passare attraverso il canale uterino), riescono a riprodursi, queste razze troppo manipolate da parte dell’uomo, per motivi estetici, non avrebbero possibilità di sopravvivenza e piano piano si estinguerebbero nel tempo.
Ma quale razza resisterebbe?
Qualcuno potrebbe riuscire a riavvolgere il nastro della domesticazione, nel corredo di ogni cane c’è quello del lupo, in fondo come scrive Gabriele Ferrari, sono lupi: la specie è sempre Canis Lupus, della sottospecie Familiaris.
Ma chi se la caverebbe meglio? Sempre secondo Raymond Pierotti, i meticci o volgarmente chiamati “bastardi”, se la caverebbero meglio, rispetto a tutte le razze selezionate da parte dell’uomo, loro avrebbero molte più possibilità di sopravvivere rispetto a quei cani altamente selezionati e altamente specializzati nel fare una cosa o forse due. Quest’ultimi potrebbero incontrare delle difficoltà a reinserirsi, a riconquistare quei comportamenti assopiti con la selezione. Mark Derr aggiunge che anche i cani di taglia grossa o troppo piccoli potrebbero avere grandi difficoltà nella sopravvivenza, i primi perché la mole richiede molto cibo, i secondi perché vulnerabili di fronte a possibili predatori.
Brandley Smith della CQUniversity Asutralia e Mia Cobb dell’University of Melbourne ipotizzano che anche l’aspetto del cane muterebbe, l’aspetto diventerebbe più uniforme, come i cani meticci che sono già presenti allo stato brado in alcune aree del pianeta, e il loro aspetto si adatterebbe all’ambiente che li ospita. Basta pensare al Lupo Americano o Europeo e al Lupo del Deserto, ma basterebbe pensare anche all’uomo al colore della sua pelle, la quale cambia a seconda della provenienza.
Sempre secondo Smith e Cobb, i cani tornati allo stato brado, svilupperebbero un sistema sociale, in poche parole quello di un branco con una gerarchia e un’unità familiare, i quali si occuperebbero di conquistare i territori di caccia, si dedicherebbero alla riproduzione, alle cure parenterali, quello che avviene già nei branchi dei lupi, e nei cani randagi.
Basta osservare le immagini dei cani della zona, dopo 38 anni, l’aspetto sembra in alcuni soggetti essere tornato alle origini, quello del lupo.
Non posso fare a meno di pensare, quanto danno noi arrechiamo ai nostri cani, ogni santo giorno impresso sul calendario, con il nostro amore infinito, i nostri vizi, la continua e necessaria esigenza ( solo nostra ) di risolvergli i problemi e non lasciare a loro il giusto spazio per essere se stessi, privandoli di quella sacro santa libertà di sperimentare la vita, quella vita tanto diversa dalla nostra, cercando a tutti i costi di umanizzarli, e a volte, dopo aver fatto tutto questo, dopo averli resi totalmente dipendente da noi, li abbandoniamo, per motivi futili, privandoli di tutte le loro certezze, ributtandoli in un mondo che spesso non conoscono o che non sono abituati. Amare un cane, significa anche renderlo capace di essere se stesso.
E i gatti? Beh quelli conquisteranno il mondo…. Quella è un’altra storia….
Bibliografia
FOCUS di agosto 2024, la quale tratta l’argomento con tre l’articoli intitolati:
Vita da Cani (e Gatti) autore: Giovanna Camardo giornalista naturalista
Se i nostri animali restassero da soli. Autore: Gabriele Ferrari giornalista naturalista
Per loro o per noi? Autore: Elena Meli Biologa con dottorato in farmacologica e tossicologia Ricercatrice nel settore delle Neuroscienze, Giornalista Medico – Scientifica
Bibilografia:
– Federica Pirrone Etologa della Università degli Studi di Milano
– Monique Udell Direttore del Laboratorio di interazione umana-animale alla Oregon State University (USA)
– Timothy Mosseau ricercatore della University of South Carolina
– Marc Bekoff Etologo
– Jessica Pierce Etologa e scrittrice – Immanginare i cani in un mondo senza umani ( ed Haqihana)
– Raymond Pierotti Etologo Ricercatore, Scrittore – The First Domestication: How Wolves and Humans Coevolved
– Mark Derr Esperto di cani
– Bradley Smith Etologo ricercatore della CQUniversity Australia
– Mia Cobb dell’University of Melbourne
– Andrea Laurent-Simpson Sociologa della Souther Methodist University (USA)
– Maria Elide Vanutelli ricercatrice al Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca
Ma non finisce qui… seguirà parte terza… continuate a seguirci…